💰 A quanto ammonta la pensione di vecchiaia?
Secondo i dati dell'Osservatorio INPS, la pensione di vecchiaia è in media pari a 1.300 euro lordi al mese.
La pensione di vecchiaia è la cosiddetta pensione ordinaria che spetta agli individui alla fine del loro percorso lavorativo. Comprendere le caratteristiche e il funzionamento di questa prestazione economica può rivelarsi un compito arduo, a causa delle continue modifiche nella normativa. Il Mio Bonus fornisce quindi una guida completa, che mira a spiegare in modo chiaro e semplice cos’è la pensione di vecchiaia, a quanto ammonta e quali sono i requisiti nel 2023.
Indice
Il sistema pensionistico italiano ha subito negli anni diverse modifiche, che hanno permesso di adeguarlo agli aspetti della società odierna. Quest’ultima, infatti, è caratterizzata da:
Sulla base di ciò, negli anni vi sono state diverse riforme: dalla Riforma Dini, alla Legge Fornero 2011, fino ad arrivare alla Riforma Pensioni contenuta nella Legge di Bilancio 2022. Si tratta di una serie di modifiche che tengono conto della condizione economica del nostro Paese e delle necessità dei cittadini che concludono la loro vita lavorativa.
L’ente principale di riferimento per la previdenza obbligatoria è l’INPS, l’Istituto nazionale della previdenza sociale, a cui devono obbligatoriamente essere iscritti i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, e gli autonomi. Per alcune categorie di liberi professioni, invece, esistono delle casse previdenziali autonome che regolano il loro sistema pensionistico.
Il sistema pensionistico attuale prevede due macro-categorie di pensioni:
Possono accedere alla pensione di vecchiaia tutti i lavoratori in possesso di due requisiti:
Dal 2019 ad oggi, l’età pensionabile è fissata a 67 anni per tutte le categorie di lavoratori, sia uomini che donne. Per cui, nel 2023 i requisiti per la pensione di vecchiaia sono i seguenti:
L’età pensionabile ha subito diversi innalzamenti e modifiche (anche tra uomo e donna) nel corso degli anni per permettere adeguamenti alla speranza di vita che, come detto prima, ha subito un importante incremento negli ultimi decenni.
Il diritto alla pensione è scandito dalla disciplina di adeguamento dei requisiti inerenti all’età anagrafica, collegata agli incrementi della vita media della popolazione. Quest’ultima, infatti, segue un trend positivo che porta a un inevitabile innalzamento dell’età pensionabile.
Il primo adeguamento si è verificato nel 2013 e ha portato a un incremento di 3 mesi rispetto all’anno precedente: da 66 anni nel 2012 a 66 anni e 3 mesi nel 2013.
Il secondo adeguamento, avvenuto nel 2016, è stato pari a 4 mesi, raggiungendo un’età pensionabile di 66 anni e 7 mesi.
Infine, il terzo adeguamento ha avuto luogo nel 2019, portando ad un ulteriore innalzamento dell’età anagrafica per andare in pensione pari a 67 anni. È previsto che questo requisito anagrafico rimanga invariato almeno fino al 31 dicembre 2024.
Vi sono dei casi specifici in cui i requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia si discostano dai requisiti standard di 20 anni di età contributiva e 67 anni di età anagrafica.
In particolare, in seguito all’ultimo incremento di età pensionabile verificatosi nel 2019, sono state previste delle eccezioni per i lavoratori che svolgono una delle cosiddette “mansioni gravose” e che non risultano già beneficiari di altri tipi di pensioni anticipate.
Nello specifico, vengono esclusi dall’adeguamento all’incremento della speranza di vita gli addetti a mansioni lavorative usuranti o gravose, che vengono svolte per più di 6 anni negli ultimi 7 anni, con un’età contributiva pari ad almeno 30 anni. Questi lavoratori possono quindi optare per la pensione di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi.
In seguito alle varie riforme applicate al sistema previdenziale italiano, non è affatto semplice effettuare il calcolo della pensione. Infatti, in Italia vi sono tre diversi regimi, ciascuno con età pensionabile e rendite diverse: il sistema contributivo, il sistema retributivo e il sistema misto.
Vi è una precisa data da tenere a mente per capire a quale regime si appartiene: il 1° gennaio 1996. Fino al 1995, infatti, era in vigore soltanto il regime pensionistico retributivo, che era molto più vantaggioso per il lavoratore ed era quindi diventato oneroso per lo Stato.
Per questo motivo, è stato dapprima introdotto un sistema misto (con la Riforma Dini nel 1995) e poi un sistema contributivo, con la Riforma Fornero nel 2011.
Tuttavia, queste riforme hanno provocato un ritorno al sistema misto, in quanto ai lavoratori con almeno 18 anni di età contributiva al 31 dicembre 1995 si applica un sistema retributivo per gli anni antecedenti al 1996 e un sistema contributivo per gli anni successivi al 1996.
La Quota 103, introdotta nel 2023 per sostituire la Quota 102, è una misura che consente ai lavoratori (sia i dipendenti pubblici e privati sia gli autonomi) di andare in pensione con un’età anagrafica minima di 64 anni e 38 anni di contributi versati.
Per poter usufruire di questa pensione anticipata, i lavoratori devono maturare i due requisiti entro il 31 dicembre 2022. Infatti, oltre tale data, la Quota 102 non sarà più in vigore.
L’Opzione Donna consiste in una misura che dà la possibilità di andare in pensione prima alle donne che hanno accumulato almeno 35 anni di contributi e fanno parte di una delle seguenti categorie:
Per quanto concerne l’età anagrafica, il requisito che si affianca a quello contributivo è:
Vi è un caso specifico per coloro che, al compimento dei 67 anni, non hanno ancora raggiunto i 20 anni di contributi versati.
Tuttavia, non è così facile accedervi, perché devono verificarsi altre condizioni: aver compiuto 71 anni d’età e aver versato un minimo di 5 anni di contributi.
Inoltre, a complicare la situazione, vi è anche il requisito per cui vi possono accedere solo coloro che hanno cominciato a versare i contributi a partire dal 1996 (anno in cui è stato introdotto il sistema contributivo). Non sono quindi validi i sistemi precedenti, ovvero quello misto e quello retributivo.
Finora si è sempre parlato di pensione come prestazione economica in seguito all’erogazione di contributi.
Purtroppo ci sono diverse persone che si trovano in situazioni disagiate e quindi, al compimento dei 67 anni d’età, non hanno versato contributi allo Stato.
Al giorno d’oggi, l’assegno sociale è rivolto ai cittadini residenti in Italia, senza limitazioni legate all’ISEE, ed è pari a 468,11 euro per 13 mensilità.
Secondo i dati dell'Osservatorio INPS, la pensione di vecchiaia è in media pari a 1.300 euro lordi al mese.
Nel 2023, i requisiti per la pensione di vecchiaia sono l’aver raggiunto 20 anni di contributi versati e un’età anagrafica di almeno 67 anni.
Il raggiungimento dell’età anagrafica e contributiva non implica necessariamente che il lavoratore debba andare in pensione. Il lavoratore può proseguire ancora con la sua carriera fino al cosiddetto pensionamento forzato. Nel settore privato, la soglia è pari a 71 anni.
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Avrò 67 anni in novembre 2024, con quale importo andrò in pensione con 37 anni di contributi, ho lavorato presso un ente locale?
Va in base allo stipendio netto che si percepisce alla fine del periodo lavorativo?
Buon pomeriggio,
il sito dell’INPS mette a disposizione dei cittadini un simulatore per calcolare l’importo della pensione. Le lascio qui il link: https://www.inps.it/it/it/tutti-i-servizi.la-mia-pensione-futura-simulazione-della-propria-pensione.html
Un saluto
Buongiorno,
nel mese di settembre raggiungerò il requisito dei 20 anni di contribuzione (sistema misto). Dovrò poi aspettare in requisito legato all’età.
Vorrei sapere se i 20 anni di contribuzione sono considerati un diritto acquisito nel 2023, che quindi NON potrà variare negli anni a venire fino al raggiungimento della mia età anagrafica, che invece potrà subire variazioni in base all’aspettativa di vita
Ringraziando in anticipo per la risposta, colgo l’occasione per salutare cordialmente
Elisabetta De Marzo
Buongiorno,
Fino al 2026 rimarrà invariato, poi aumenteranno di 2 mesi nel biennio 2027-2028 e così via.
Un saluto!